Il florovivaismo rappresenta in Italia il 5% della produzione agricola e si estende su una superficie di 30mila ettari, contando 27mila aziende (100mila addetti), di cui 14mila coltivano fiori e piante in vaso e 7mila sono vivai. Il comparto vale circa 2,5 miliardi di euro. Cinque regioni intercettano l’80% della produzione nazionale: Liguria (31% del totale), Campania (16%), Toscana (13%), Puglia (11%) e Sicilia (10%). Anemoni, ranuncoli, lilium, papaveri, gerbere e poi calendule, bocche di leone, garofani e fresie, con l’aggiunta di fronde verdi per l’addobbo. Sono questi i fiori per ilbouquet Made in Italy. Il comparto è da sempre leader a livello europeo (secondo solo dopo l’Olanda) ma ora messo in crisi dalla crisi pandemica che ha azzerato tutte le cerimonie e gli eventi (-50% matrimoni nel 2020). Si stima, infatti, che l’Italia del florovivaismo abbia perso circa 1,7 miliardi di fatturato. Un bouquet di fiori locali è sicuramente più fresco e profumato rispetto alle tradizionali rose e orchidee in arrivo al 90% da Equador, Colombia, Kenya, Etiopia Taiwan, che – oltre ai giorni di viaggio – hanno alle spalle una lunga conservazione nelle celle frigorifere, provenendo da climi caldi, in Paesi dove il basso costo della manodopera non rende più competitiva la produzione europea di questi fiori. Il nostro prodotto locale viene, invece, incontro sia alla sostenibilità ambientale – non c’è uso indiscriminato di fitofarmaci come nei Paesi extra-Ue- che a quella economica: costo medio al dettaglio, 15 euro a bouquet. Come sottolinea una nota della CIA, in queste settimane nei distretti più importanti di Pescia e Imperia, si prevede per questo San Valentino la vendita di 25 milioni di fiori, con un giro d’affari di 80 milioni e una spesa media pro-capite pari a 30 euro.

Share:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *