Nelle varie aree agricole d’Italia le gelate tardive del dopo Pasqua hanno avuto conseguenze a macchia di leopardo. Toscana e Umbria le regioni più colpite, interessate anche Emilia Romagna e Veneto. Le maggiori criticità si riscontrano per i vigneti precoci nelle zone di media collina e fondovalle. Gli effetti del gelo si fanno sentire anche sul miele: si teme una perdita fino al 65/70%. In difficoltà la frutticoltura con le piante in piena fioritura, come è accaduto nei giorni scorsi nel Veneto per kiwi, peschi, meli, ciliegie, susine. Musi lunghi anche tra i viticoltori di pianura veneti, ma limitatamente alle varietà precoci. Una gelata, quella di questo mese di aprile, quindi in piena primavera, che è stata la seconda degli ultimi cinque anni, dopo quella del 2017, contro le sette registrare dal 1960 al 2016. Sempre per il Veneto, il Prosecco DOC (cioè la glera) lamenta possibili danni del 20-30%, mentre nel padovano, zone di Conselve e Merlara, l’incidenza dovuta al gelo potrebbe essere addirittura superiore. Nell’area veronese del Custoza qualche preoccupazione interessa le varietà Corvina, Chardonnay e Pinot Grigio. Come ha sottolineato Diego Tomasi del Crea Viticoltura ed Enologia di Conegliano e membro del team del Trittico Vitivinicolo Regionale coordinato da Veneto Agricoltura che con i suoi focus tiene costantemente monitorato il comparto della vite e del vino (il prossimo incontro sullo stato del vigneto veneto è per il 16 giugno): “Le gelate dei giorni scorsi hanno risparmiato le viti di collina, ma qualche preoccupazione arriva da alcune aree di pianura relativamente ai vitigni delle varietà precoci. Il forte abbassamento delle temperature è giunto dopo un periodo caratterizzato da una prolungata siccità, tanto da mettere le piante in una situazione di sofferenza idrica per cui le gemme e i germogli si sono presentati al gelo molto asciutti”. “Le gemme che hanno subito i danni maggiori – continua Tomasi – sono state quelle apicali dell’archetto o del cordone in via di formazione, vale a dire quelle più idratate in quel momento, perché è proprio lì che si accumula la linfa”. Fortunatamente, dunque, la prolungata siccità ha in questo caso ridotto al minimo i danni alle piante, che si sono concentrati appunto nella parte terminale. La situazione che si è venuta a creare nelle aree colpite dalle gelate dovrà essere aggiornata tra una settimana, vale a dire quando sarà possibile vedere se le gemme di controcchio (che si sviluppano di norma nel caso la gemma ordinaria risulti danneggiata) riusciranno “a partire”. “Servirebbe ora un deciso innalzamento delle temperature – conclude il ricercatore – in modo da dare una spinta al germogliamento”.

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