La ripresa dell’export (in particolare dei formaggi) e la riapertura di Horeca e Food service, canali privilegiati per il consumo dei formaggi di qualità made in Italy, fornisce qualche spiraglio di ottimismo per la nostra zootecnia da latte. Ma, come segnala Veronafiere (che dal 26 al 29 gennaio 2022 ospiterà Fieragricola, biennale internazionale dedicata all’agricoltura) su dati Clal.it e Teseo, i costi di produzione del latte sono in aumento. Altro elemento potenzialmente distorsivo, sono le imponenti importazioni cinesi. Nei primi due mesi del 2021, Pechino ha acquistato oltre 11 milioni di tonnellate di cereali (+270,25% rispetto allo stesso periodo del 2020), cosa che dovrebbe verosimilmente mantenere i listini di cereali e semi oleosi su valori elevati, con conseguenti costi alla stalla più alti.Nel 2020 la domanda mondiale di prodotti lattiero caseari è complessivamente cresciuta del 2%, nonostante le difficoltà legate al Covid (logistica, maggiori costi di trasporto, Horeca e Food service in molti paesi chiusi per lockdown). Anche le produzioni di latte dei principali paesi esportatori (Argentina, Australia, Bielorussia, Cile, Nuova Zelanda, Ucraina, Unione europea, Usa, Uruguay) sono cresciute (+0,4%,), con gli Stati Uniti primi in quantità (16.763.000 tonnellate prodotte, +0,5% rispetto a gennaio-febbraio 2020) davanti all’Ue (13.029.000 tonnellate). L’Unione europea all’inizio di quest’anno ha rallentato le esportazioni dello -0,7%, fatto che contribuisce a evitare il tracollo dei prezzi. In controtendenza, fra i “big player”, la Polonia: +0,5% a gennaio 2021 su base tendenziale e +2,3% nel 2020 rispetto al 2019, e l’Italia. Infatti nella penisola la produzione di latte 2020 ha superato i 12,65 milioni di t., con un’accelerazione del 4,4% sul 2019 e ritmi produttivi positivi anche quest’anno: +3% a gennaio su base tendenziale. Italia, che ha visto crescere le proprie vendite all’estero di formaggi: +1,7%, dopo una cavalcata del 7,5% nel 2019. Mozzarella fresca, grana padano e parmigiano reggiano, formaggi freschi e formaggi grattugiati sono le principali categorie vendute in volume. È possibile constatare infine, che negli ultimi dieci anni l’import in Italia di latte sfuso in cisterna (il cosiddetto “latte spot”) si è ridotto di un milione di tonnellate negli ultimi 10 anni. Nel 2020 la flessione è stata di 300.000 tonnellate e, se i prezzi del latte estero dovessero mantenersi su valori più elevati rispetto a quello italiano, è logico pensare che risulterebbe anti-economico acquistarlo.
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