Si sa che gli incendi in questa fascia climatica, quella in cui si trova l’Italia, sono per la stragrande maggioranza dolosi o colposi. Molto, molto difficile l’autocombustione. Ma nell’immediato entroterra agrigentino, nella contrada Cristo del comune di Campobello, Campobello di Licata (AG), in questo periodo fa veramente molto caldo. Dal vicino mare spira un vento continuo, avvolgente come una sciarpa, che spazza le colline di qui, dal profilo morbido, senza asprezze, coltivate a grano, uva, da tavola e da vino. Un territorio bello e difficile, che Carmelo Bonetta prende in mano da terra mostrandolo orgoglioso, che brilla alla luce accecante del mezzodì, i cristalli di quarzo mischiati a gesso riflettono un sole forte che si combina col vento che sa di sud, di mare, di Mediterraneo tutto. A Carmelo fa ombra lo storico capitello del Cristo crocifisso, praticamente davanti l’entrata dell’azienda di famiglia, avviata da suo padre ed evoluta da lui e suo fratello.
Si rattrista mentre dice queste cose. Mimmo Bonetta è morto nel 2015, troppo giovane. Ma sono forti i Bonetta, credono nella loro storia e nel futuro. Sanno che le loro radici vanno in profondità di questa terra chiara e arida che non tradisce, e sono ben ancorate. Non solo la “T” di terra, ma anche quella di tradizione, che ad esempio ogni 3 Maggio rinnova il pellegrinaggio a questo capitello con tutta la comunità locale. E la Testardaggine di sapere che sei nel giusto, combinando il tutto con uno sviluppo Tecnologico indispensabile per fare vino di qualità. Non è facile valorizzare le peculiarità di qui – i vitigni, la terra, il vento di mare, una storia -, ma è vincente… Carmelo lo sa, ecco perché i nomi dei suoi vini sono ancestrali, richiamano l’intorno: Lalùci (La luce.., Grillo), Adènzia (Attenzione, Grillo/Inzolia), Laudàri (La lode, Chardonnay), Lusirà (Il Syrah), Lu Patri (Il padre, Nero d’Avola). Vini bianchi e rossi, i vitigni propri di una Sicilia ricercata in tutto il mondo, specie l’agrigentino, perché incarnano contenuti e donano piaceri. Ma per cavar fuori da un acino una vita serve dedizione.
La squadra di Carmelo non ha pause:in vigna e in cantina nulla è tralasciato. Dalla vendemmia verde (corretta gestione dei grappoli) alla vendemmia per microaree (Cru), dal coricamento manuale e periodico delle bottiglie, all’assaggio professionale prima dell’imbottigliamento; sono solo alcune delle “maniacali” procedure alle quali non si abdica per garantire la qualità. La visita al Baglio è anche la scoperta dei nove vini della famiglia Bonetta (un rosato, 4 bianchi e 4 rossi con al vertice Lu Patri, che si evolve grazie a minimo 12, massimo 19, mesi in barrique), e l’incontro con la complessità necessaria per fare vino e la pervicacia che serve per essere vincenti; senza tralasciare nulla, ad esempio la perfetta temperatura di degustazione, su questo Carmelo non transige. E i recenti riconoscimenti, ad esempio i 97 punti per Lautàri di Decanter, ne sono l’esempio.
Il Baglio così esporta in 30 paesi più di un terzo della sua produzione. Produzione che si aggira sulle 300.000 bottiglie, grazie a 50 ettari totali aziendali con anche uliveti e mandorleti. Quando si lascia il Baglio il vento subito ti rincorre e, oltrepassando il capitello del Cristo crocifisso, guardi la valle dominata dal verde delle viti e dal chiarore dei gessi di questa terra difficile si, ma domata dalla sapienza di uomini Tenaci…