Giunge a conclusione la prima fase della Convenzione Onu sulla biodiversità, avviata lo scorso 11 ottobre. La Convenzione prevede l’adozione di un piano strategico post-2020 per la biodiversità globale che articoli una prospettiva a lungo termine e introduca una tabella di marcia per la conservazione, la tutela, il reintegro e la gestione sostenibile della biodiversità e degli ecosistemi a livello globale nei dieci anni a venire. Seguirà nell’aprile del 2022 la tornata conclusiva dei negoziati sul piano strategico post-2020 per la biodiversità globale, un ciclo di incontri faccia a faccia in programma a Kunming (Cina). La prima bozza del piano strategico per la biodiversità globale precisa che, se vogliamo trasformare i modelli economici, sociali e finanziari in modo tale da stabilizzare entro il 2030 le tendenze che hanno esacerbato il degrado della biodiversità (e quindi favorire il reintegro degli ecosistemi naturali con miglioramenti tangibili all’orizzonte del 2050), occorre predisporre fin da ora misure tempestive su scala globale, regionale e nazionale. La strategia globale per la biodiversità dovrà mettere al centro le persone e dovrà introdurre degli indicatori per quantificare la diversità alimentare. Si tratta cioè di misurare elementi come la diversità dei pascoli, la presenza di banche dei semi, il numero di coltivatori che lavorano a partire dalla biodiversità locale ecc. Ha osservato Edie Mukiibi, vicepresidente di Slow Food. «Per noi biodiversità significa suolo, cibo, tradizioni, culture: tutelare queste risorse è anche un modo per lottare contro il cambiamento climatico, la malnutrizione, le pandemie e le crisi economiche».
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