La Sicilia del vino, un mosaico di vigneti distribuiti su tutto il territorio dell’isola, caratterizzata da un patrimonio ampelografico di indiscutibile interesse, dove indiscutibile è il ruolo del clima, tra temperatura, piovosità e luce solare, in grado di caratterizzare e tipicizzare la biodiversità viticola, i vini prodotti e persino le scelte dei consumatori finali. Aspetti che richiedono una nuova capacità di lettura e di ascolto dei dati empirici, verificati in campo e in cantina, sviluppando in pieno tutte le potenzialità che la Sicilia del vino possiede anche in termini di nuova consapevolezza e nuovi processi di miglioramento.
Obiettivo strategico, valorizzare il tessuto produttivo varietale, condividere buone pratiche, allenare i team a nuovi modelli gestionali dei vigneti per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, sfide che richiedono approcci di sistema, competenze, metodo scientifico e nuove capacità di implementazione tecniche e gestionali, oltre che economiche e previsionali.
Per questo sono stati avvoiati tre diversi progetti di ricerca, finanziati con i fondi europei dalla Regione Siciliana grazie alla sottomisura 16.1 del PSR SICILIA 2014-2020 a Sostegno per la costituzione e la gestione dei gruppi operativi del PEI in materia di produttività e sostenibilità dell’agricoltura. Strumenti che concorrono a rendere più dinamico il rapporto con le istituzioni e la pubblica amministrazione in un quadro di sinergie e di convergenze sempre più orientate a generare buona economia e funzionalità competitiva al sistema produttivo, lavorando con le università e gli enti di ricerca.
I Progetti.
Gran parte della ricerca è dedicata alle varietà identitarie e autoctone dell’isola. Vitigni importanti come Nero d’Avola, Grillo, Perricone, Catarratto e altri ancora, forse meno conosciuti, ma di grande interesse e prospettiva, per produrre vini sempre più riconoscibili e in grado di incontrare consumatori con stili di vita differenziati e culture diverse. Molto si concentra sugli aspetti agronomici e sulle attività in cantina. Biodiversità viticola, è questo l’assioma di partenza. Una delle più ricche del Mediterraneo e con un’ampiezza di biotipi inter varietali straordinaria, che può costituire – se non in parte già lo è – un fattore competitivo di altissimo valore strategico, la cui complessità oggi è certamente evidente, da cui però può sorgere un corollario di vantaggi tecnico qualitativi davvero straordinari e potenti. Gli addetti ai lavori osano e si spingono a parlare di “una nuova frontiera” per il vino siciliano, e non solo sotto il profilo della produzione. Secondo molti, potrà aprirsi quell’evoluzione 4.0 in grado di migliorare le capacità produttive e gestionali dell’intero comparto, innovando, sia nel processo che nel prodotto.
I territori.
Oggi si studiano cloni e boitipi, portainnesti, lieviti, ma anche i suoli e le interazioni tra vitigno, habitat e andamento del clima. Ascoltando i player in campo, dal Consorzio di tutela della DOC Sicilia ai raggruppamenti di imprese, sino a grandi centrali cooperative vitivinicole, i progetti di intervento sono convergenti e attraversano gran parte della Sicilia, escluso l’Etna. Non va sottaciuto il fatto che quella del vino è la filiera di punta del sistema agricolo e di trasformazione per l’economia dell’isola, con un alto coefficiente di internazionalizzazione dei mercati di sbocco e per la capillarità socio economica diffusa ampiamente su tutto il territorio, isole minori comprese.  Regione, Consorzi, imprese sembra che tutti remino nella stessa direzione (fatto non scontato!) con obiettivi concreti, implementabili e finalmente convertibili in azioni utili a migliorare, nel complesso, le performance del vino siciliano.
Cambiamenti climatici e investimenti.
Investire nella ricerca e nell’innovazione diventa essenziale, soprattutto in una fase di forti cambiamenti a livello globale, basti pensare alla decarbonizzazione e alla mitigazione degli effetti dovuti al riscaldamento del pianeta. Dal piccolo vignaiolo, all’impresa vivaistica, e con loro le aziende che coltivano e vinificano le proprie uve, sino alla grande azienda internazionalizzata, tutti i soggetti, sono chiamati alla prova, scommettendo sulle potenzialità del territorio, così come è importante monitorare e preservare l’intero ciclo biologico della vite, gestendo al meglio peculiarità varietali, risorse idriche, gestione dei suoli e tutto ciò che concorre a creare valore e identità. La resilienza ai cambiamenti climatici è dunque una sfida più che attuale e l’impegno delle imprese verso scelte sostenibili risulta fondamentale.
Biodiversità viticola.
La Sicilia può contare su un patrimonio di almeno una settantina di varietà indigene; se da un lato è quindi urgente recuperare e valutare i migliori biotipi di tutte le varietà locali, dall’altro è necessario dotare le imprese di vantaggi competitivi sostanziali e duraturi, omologare e produrre in vivaio nuovi cloni delle varietà autoctone che rispondano alle esigenze produttive, ambientali ed enologiche delle diverse zone della Sicilia. Il Gruppo Operativo BI.VI.SI.si inserisce esattamente in questo scenario. Finanziato dalla Regione e guidato dal Consorzio DOC Sicilia, si tratta un virtuoso esempio di collaborazione tra pubblico e privato che, con approccio sistemico, si impegna a valorizzare la biodiversità viticola dell’isola, e più nello specifico alcuni vitigni autoctoni con differenti biotipi inter varietali e le varietà reliquie, oggi coltivate con pochi esemplari ma di grande interesse per Il futuro.
Il progetto Bi.Vi.Si. interviene su più fronti: vivaismo e portainnesti, gestione agronomica dei biotipi selezionati e processi di vinificazione e vede coinvolti, oltre il Dipartimento SAAF dell’Università di Palermo e il DiSAA dell’Università di Milano, cinque imprese enologiche e un’impresa vivaistica che, capofila il Consorzio di Tutela Vini DOC SICILIA, sino a giugno 2025, lavoreranno insieme per la ricerca e l’innovazione. Nel vigneto come in cantina, oggetto di studio saranno soprattutto i biotipi del Catarratto (A, B), il Frappato (A, B), il Grillo (A, B), il Lucignola, il Nero d’Avola (A, B, B1, B2), il Nocera, il Perricone (A, B), il Vitrarolo.
Giornata di Campagna
In tal senso lo scorso ottobre la città di Marsala è stato teatro di confronto per la cosiddetta Giornata di Campagna per discutere i risultati di un primo anno di lavoro (11 i cloni realizzati nell’arco di 12 mesi), alla presenza di docenti e tecnici esperti che ancora una volta hanno ribadito quanto sia importante l’analisi del carattere di un vitigno in relazione ad un ambiente, così come la varietà e il comportamento dei loro biotipi, con focus sulle valutazioni bio agronomiche ed enologiche.
Un’altra iniziativa che ha a cuore il sistema produttivo siciliano e i professionisti del settore è rappresentato dal progetto Veisca, nato nel 2020 dalla collaborazione di Cantine Settesoli con il Dipartimento SAAF dell’Università degli Studi di Palermo, Dipartimento di Scienze agrarie ed ambientali dell’Università degli Studi di Milano, SACHIM e l’ente nazionale di ricerca CREA. Anche in questo caso lo sguardo è rivolto alle generazioni future, con l’obiettivo di produrre vini di qualità, riconoscibili, legati ai terroir di Menfi, attraverso lo studio dei suoli calcarei, piuttosto influenti sul metabolismo della pianta, determinanti nelle caratteristiche delle uve stesse. Le varietà prese in esame sono Grillo e Nero d’Avola per gli autoctoni, Chardonnay e Syrah per gli internazionali, in relazione ai terreni dove queste vengono impiantate e alla loro adattabilità agli effetti dei cambiamenti climatici; il progetto opera con precisi protocolli viticoli al fine di ottimizzare i processi produttivi in termini di sostenibilità ed efficienza. Tra gli interventi messi in campo, ad esempio, l’applicazione di reti ombreggianti, atte a mitigare la luce diretta sulla superficie esposta dei grappoli, e l’utilizzo di portainnesti per migliorare nel vigneto la resistenza a prolungati periodi di siccità o di mancanza di risorse idriche. Come illustrato in occasione della 55° edizione del Vinitaly, tecniche simili portano a un miglioramento delle qualità delle uve, a un’esaltazione delle relative proprietà organolettiche, senza tradirne l’essenza.
Ecosistemi viticoli
Sul fronte della ricerca per il miglioramento degli ecosistemi viticoli, presente al Vinitaly 2023, infine, anche l’Azienda Caruso&Minini che ha presentato i primi risultati di un altro progetto non convenzionale: STRA.VI.NA, finanziato dalla Regione, dedito alla definizione e alla promozione di un protocollo di produzione viticolo-enologico con una netta scelta di sostenibilità ambientale e di conservazione delle risorse (suolo, acqua, principalmente). Nei vigneti di Terre di Giumara, si è studiato il Frappato, storico vitigno dell’area sud-orientale dell’isola, con cui l’azienda di Marsala intende raggiungere una vera e propria specializzazione produttiva, interpretando nuove sfide e nuove tipologie di vino. Un’iniziativa nata in risposta alla crescente richiesta di vini biologici e “naturali”, che prevede circa tre anni di indagini agronomiche in campo, abbracciando più strategie di gestione del suolo (l’uso di piante autoctone per l’inerbimento e la selezione di specie vegetali utili a contrastare l’erosione dei terreni, giusto per citarne un paio).
Similarmente a Bi.Vi.Si. e Veisca, pure STRA.VI.NA. vanta la collaborazione di importanti realtà scientifiche pubbliche e private isolane, nonché di imprese vitivinicole delle provincie di Trapani, Palermo e Agrigento. Un sistema reticolare che si apre a inedite opportunità e che vede verticalizzare le aziende su aspetti produttivi essenziali per affrontare le sfide aperte sul futuro, a livello globale.
Sole, clima, uomo: queste le parole chiave delle nuove frontiere del vino, di tre progetti sulla valorizzazione della biodiversità viticola che fanno della Sicilia un laboratorio a cielo aperto, tre opportunità di crescita in un mondo consapevole più che mai che, oggi, è già domani.

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