L’Italia è tra i Paesi europei che maggiormente fanno ricorso all’irrigazione: è seconda in termini di superficie irrigata solo alla Spagna (circa 2.400.000 ettari contro i 3 milioni iberici) e quarta in termini di incidenza della superficie irrigata sulla S.A.U. (Superficie Agricola Utile) con circa il 9%, dopo Malta, Cipro e Grecia.
Tenendo ciò a mente, è interessante un altro dato: hanno superato i 6 miliardi all’anno i danni causati dalla siccità all’economia agricola del nostro Paese tanto nel 2022 che 2023. Dato che fa nascere una domanda: quanta potenziale ricchezza sta scemando verso il mare in questi giorni di maltempo?
A direil vero a porre la questione è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI): “Proponiamo una lettura diversa del preoccupante colpo di coda invernale di questi giorni; è significativo, infatti, dare un valore all’acqua piovana, che per l’89% lasciamo terminare inutilizzata a mare e che altresì potrebbe essere garanzia di reddito per le aziende agricole del Paese. La realizzazione di nuovi invasi multifunzionali lungo la Penisola aumenterebbe la sicurezza dalle alluvioni, come dimostrato dall’esperienza di Vicenza, creando al contempo riserve idriche per i momenti di bisogno”.
Il tema è necessariamente tecnico, ma interessante. Per più della metà della SAU, Superficie Agricola Uutilizzata, irrigata (1.300.000 ettari su 2.400.000) la gestione idrica è gestita in maniera collettiva ad opera dei Consorzi irrigui. La presenza dell’irrigazione discrimina in modo significativo il valore, introducendo una differenza fra irriguo e non irriguo pari mediamente a 13.500 euro ad ettaro.
Il beneficio prodotto dall’irrigazione si differenzia per colture praticate: nei seminativi, mediamente, l’incremento di valore riconducibile all’irrigazione è pari a circa il 27%; il contributo massimo si registra per i suoli a colture specializzate: frutteto (+35%) e orto (+82%), ma significativo è pure il contributo fornito al valore dei prati (+48%) che, nel Nord, richiedono elevati volumi d’acqua.
“Ne consegue – continua Vincenzi – che l’irrigazione contribuisce in modo significativo non solo  al reddito delle principali colture praticate in Italia, ma anche alla sua stabilità nel tempo,  essenziale per la sopravvivenza di sistemi agricoli, basati sulle colture specializzate. È quantomai importante affermarlo in campo europeo, perché la crisi climatica obbliga le agricolture mediterranee ad un’irrigazione ampliata a più mesi e per la quale è necessario distribuire l’acqua sul territorio attraverso adeguate infrastrutture.”
Un buon esempio è la realizzazione (vedi foto) del Distretto Irriguo n. 8, inaugurato dal Consorzio di bonifica 2 Alto Valdarno, nel comune di Castiglion Fiorentino: un’infrastruttura considerata indispensabile dai locali imprenditori agricoli, che chiedevano di poter utilizzare l’acqua della diga di Montedoglio per sviluppare il loro lavoro e contenere l’impatto sull’ambiente. Composto da oltre 4 chilometri di condotte, il Distretto Irriguo n. 8 serve una superficie irrigabile di circa 200 ettari caratterizzati da attività altamente specializzate ed in coltura protetta, che necessitano di risorsa idrica con continuità per tutto l’anno.
“In Italia l’agricoltura di qualità non può che essere irrigua soprattutto di fronte all’incertezza meteo, dettata dalla crisi climatica. I distretti per l’irrigazione, come quello inaugurato di Castiglion Fiorentino, rispondono ad esigenze produttive ed ambientali, garantendo agli operatori disponibilità idrica, indispensabile per produrre reddito” sottolinea Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.

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