Cominciamo col conoscere il tartufo. E’ un fungo, appartenente al genere Tuber (Divisione degli Ascomiceti, Ordine Pezizales) che forma simbiosi mutualistiche con le radici di una vasta gamma di piante superiori, dette micorrize. Il suo inconfondibile aroma è dovuto a composti solforati e composti aromatici volatili, prodotti anche in sinergia con i batteri presenti nel tartufo stesso. Sotto il profilo nutrizionale è una fonte di calcio e magnesio, ricco in antiossidanti.
Un frutto della terra, che con la terra ha un legame inscindibile: solo pochissimi suoli possono ospitarlo, anche se alcune specie riescono a costruire il proprio habitat, modificando indirettamente le caratteristiche fisiche del suolo. Proprio le sue specifiche necessità riguardo al suolo, rendono la sua presenza un indicatore di qualità dell’ambiente.
Sulla base dei dati genetici disponibili, ricorda il CREA, è stato stimato che il genere Tuber sia composto da circa 180-200 specie, tutte diffuse nell’emisfero settentrionale. Molte di queste specie sono ancora da caratterizzare geneticamente e morfologicamente e non sono disponibili dati certi sulla loro ecologia, biologia o commestibilità. Soltanto 7 di queste possono essere commercializzate in Italia.
Il Tartufo di Calabria, bianco o nero che sia, è da tempo una realtà, con centinaia e centinaia di chili raccolti nelle stagioni migliori. Infatti, i boschi sparsi tra la montagna e la pianura calabrese, offrono le condizioni pedoclimatiche ottimali per varietà quali il tartufo nero estivo o scorzone (Tuber aestivum), il tartufo nero uncinato invernale (Tuber uncinatum), il tartufo nero mesenterico o ordinario (Tuber mesentericum) e il famoso tartufo nero pregiato (Tuber melanosporum). Il bianco pregiato (Tuber magnatum), invece, predilige il riparo umido e ombroso fornito dalle valli , mentre, più in basso, verso il mare, si trova persino il tartufo bianchetto (Tuber borchii).
Recentemente a Rende (CS), al convegno “Il Tartufo di Calabria”, è stata presentata la tartufaia sperimentale realizzata dal CREA Foreste e Legno, presso l’azienda Li Rocchi, di Rende (CS): un’area di circa un ettaro con oltre 160 alberi appartenenti a sette diverse specie forestali autoctone (Rovere, Roverella, Leccio, Sughera, Pioppo, Tiglio, Carpino) inoculati con spore di tartufo estivo (Tuber aestivum). Si tratta di una collezione di piante madri plus di specie forestali autoctone certificate ed è la prima, nel suo genere, accessibile anche ai ciechi e agli ipovedenti. Qui sarà possibile condurre studi e sperimentazioni su come migliorare la produzione di tartufi sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, utilizzando tecniche colturali specifiche idonee sia per l’essenza forestale che per il micelio. La tartufaia rappresenta, inoltre, una valida alternativa alla produzione dei tartufi senza l’eccessivo sfruttamento antropico che minaccia invece l’integrità dell’habitat e dell’ecologia di ambienti naturali tartuficoli italiani. Infine, permette di organizzare sia la parte pratica dei corsi di formazione rivolti agli aspiranti tartuficoltori, tartufai e addestratori di cani da tartufo sia gli incontri didattici con studenti delle scuole e di associazioni di promozione sociale.

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