Gli impianti agrivoltaici sono ormai una realtà. Sul territorio nazionale se ne contano quasi 1,6 milioni. Ma la diffusione di questi sistemi per la produzione di energia è in crescita grazie agli incentivi previsti dal Pnrr, che ha messo a disposizione 1,1 miliardi. Un mese fa si è chiuso il bando per accedere ai benefici previsti.
Le domande – per un totale di 920 milioni – sono arrivate soprattutto (56%) dalle regioni del Mezzogiorno. Si aprono quindi nuove prospettive di sviluppo, a patto che gli impianti nascano dall’integrazione con le colture. I dati sono emersi al workshop  “Meccanizzazione e sistemi agrivoltaici: problemi e opportunità”, promosso da Itabia, associazione italiana biomasse, svoltosi alla 46^ Eima, la rassegna mondiale delle macchine per l’agricoltura e per il giardinaggio in svolgimento a Bologna.
L’obiettivo era rispondere alle tante domande che si pongono gli imprenditori agricoli. “Dobbiamo capire tutti gli effetti dell’agrivoltaico sulle colture, sul microclima, sulla temperatura del suolo e comprendere pienamente la loro utilità”, ha spiegato Nicola Colonna, dirigente di ricerca Enea, chiamato a illustrare le differenti tipologie di impianti in relazione alle colture tipiche dell’Italia. Alberto Assirelli, dirigente di ricerca Crea, ha illustrato invece le interazioni potenziali tra le macchine e gli impianti, e Danilo Monarca, docente di meccanica agraria all’Università della Tuscia, ha approfondito il tema della sicurezza e della formazione per gli operatori.
Infine, secondo i relatori dell’incontro, è indispensabile che negli impianti agrivoltaici, estesi anche per decine di ettari, si evitino interazioni dirette e si riducano al minimo quelle indirette per non compromettere la produzione sia delle colture che dell’energia.

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