Una quota ancora insufficiente. L’età media degli imprenditori oggi è di 63 anni. Oggi le aziende agricole italiane condotte da imprenditori under 40 sono il 7,5% del totale (1.3 milioni). Una percentuale in aumento, che tuttavia, non basta a ringiovanire un settore dove l’età media degli agricoltori è appunto di 63 anni.
Numeri implacabili emersi a EIMA International, la rassegna della meccanizzazione agricola di FederUnacoma a BolognaFiere, al convegno “Il ricambio generazionale in agricoltura: il futuro nelle mani dei giovani”, e che ci distanziano molto dal resto d’Europa.
Se nel nostro Paese si conta una impresa su cinque condotta da un giovane sotto i quarant’anni, in Europa la media è di poco inferiore a una su tre, e questo conferma l’urgenza di favorire un ricambio generazionale anche nell’ottica di una modernizzazione del settore. “Possiamo avere anche la macchina agricola più innovativa del mondo, ma dietro di essa ci deve essere qualcuno che la guida: questo qualcuno è un giovane”, ha detto Paola Adami, direttrice di Itasf, Rete degli istituti agrari senza frontiere. Sul totale di oltre 1,3 milioni di imprese agricole attive in Italia solo 100 mila sono gestite da giovani, propensi ad innovare e attenti al tema della sostenibilità.
Il convegno – al quale ha partecipato, tra gli altri, il presidente dell’associazione Giovani imprenditori agricoli Enrico Calentini – ha permesso anche di fare il punto sull’applicazione della legge 36 del 2024 per l’imprenditoria giovanile in agricoltura, grazie alla presenza, in collegamento da Roma, di Marco Carloni, presidente della commissione Agricoltura della Camera. Secondo Carloni il settore ha oggi due priorità: la necessità di continuare a promuovere l’innovazione tecnologica nel settore primario e di agevolare il ricambio generazionale. Dalla Cia, Confederazione italiana degli agricoltori, attraverso le parole del suo presidente Cristiano Fini, è arrivato però un rilievo critico: non sono ancora stati varati i decreti attuativi della legge 36 che prevede tra gli altri contributi diretti e incentivi fiscali per la formazione. Questi decreti – è stato spiegato – sono necessari per mettere a regime risorse pari a 200 milioni di euro, distribuiti su più.
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