Un obiettivo ambizioso quello di NaturaSì con la campagna “Sosteniamo l’agricoltura” che parte dal progetto di trasparenza sui prezzi. Ma probabilmente è giunto il tempo per porsi questi obiettivi, tanto che alla presentazione dell’iniziativa era presente tutto il mondo agricolo, anche quello “convenzionale”. Non facciamoci illusioni, la strada è ancora lunga, in salita e densa di ostacoli. 

Ma bisogna essere consapevoli che la corsa al ribasso dei prezzi del cibo ha conseguenze devastanti per l’agricoltura. Negli anni Settanta, in media, il 19% del prezzo del pane andava all’agricoltore; oggi è solo il 4%. Quasi cinque volte più basso. Lo stesso accade per molti altri alimenti mentre i costi di produzione continuano a salire. Occorre invertire la tendenza, ripagando il lavoro di chi produce. A chiederlo, con l’iniziativa di questi giorni, è il mondo del biologico, che da sempre lavora affinché venga riconosciuto il “giusto prezzo” dei cibi.

Va ricordato infatti che a pagare il prezzo di una politica sbilanciata non sono solo gli agricoltori, ma anche il benessere delle persone e dell’ambiente: secondo la FAO, i costi nascosti della produzione alimentare a livello mondiale sfiorano i 13 mila miliardi di dollari, di cui il 73% legato a danni alla salute. Un prezzo più basso sugli scaffali significa uno più alto per le persone.


L’obiettivo della campagna “Sosteniamo l’agricoltura” parte dal progetto di trasparenza sui prezzi avviato da NaturaSì, una delle principali insegne del biologico in Europa. Su alcuni prodotti, accanto al prezzo finale, viene indicato il valore corrisposto agli agricoltori e ai trasformatori. Passata di pomodoro, pane, ma anche finocchi, arance da spremuta e kiwi: su alcune categorie il compenso per i produttori arriva a quasi il 50% del prezzo pagato alla cassa.
“Occorre una rivoluzione del sistema”: Fabio Brescacin, storico presidente di NaturaSì, ha lanciato la provocazione. Il mondo agricolo è in crisi: solo in Europa, negli ultimi 15 anni, sono sparite oltre 5 milioni di aziende agricole. Tra il 2005 e il 2020, quasi il 40% delle attività ha abbandonato i campi. “Per invertire questa tendenza, ha continuato, l’agricoltura deve tornare attrattiva soprattutto per i giovani. Per farlo bisogna garantire loro un reddito dignitoso e il rispetto per il lavoro dell’agricoltore. L’agricoltura biologica dimostra che un’altra strada è possibile. Il grano duro biologico di NaturaSì viene pagato all’agricoltore 45 centesimi al chilo, contro i 30 centesimi della filiera convenzionale”, ha spiegato il presidente. “Per valorizzare il lavoro agricolo, NaturaSì ha scelto di rendere trasparente la composizione del prezzo di alcuni prodotti chiave. Ad esempio, su 3,98 euro pagati per un chilo di finocchi, circa la metà (1,80 euro) vanno direttamente all’azienda agricola e il resto per logistica e trasporto, costi del punto vendita, controllo qualità, anche con agronomi in campo. La stessa trasparenza viene applicata a passata di pomodoro e pane, alle arance da spremuta e ai kiwi, con una comunicazione chiara in negozio, e non solo, per informare consumatori, associazioni di categoria e istituzioni”. 
“Costruire un sistema alimentare più equo e sostenibile è una responsabilità condivisa, ha concluso Brescacin. Scegliere cosa mettere nel carrello è un gesto che può fare la differenza”.

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