La tenuta della Dop economy è il segnale di come le filiere corte dei prodotti a denominazione possono avere più spazio e più valore. La filiera corta dell’agroalimentare italiano, delle Dop e delle Igp ha retto anche durante la pandemia, mentre quelle lunghe sono saltate. È questo il senso del “Rapporto Ismea-Qualivita sul settore italiano dei prodotti Dop e Igp” il quale segnala che il settore ha raggiunto i 16,6 miliardi di euro di valore alla produzione (-2,0%), pari al 19% del fatturato totale dell’agroalimentare italiano, e un export da 9,5 miliardi di euro (-0,1%) pari al 20% delle esportazioni nazionali di settore.
Dai dati del rapporto, un euro su cinque dell’agroalimentare italiano arriva da prodotti Dop o Igp, con il comparto agroalimentare che vale 7,3 miliardi di euro alla produzione e il vitivinicolo imbottigliato raggiunge ben 9,3 miliardi di euro. Bene anche l’export alimentare, il quale con 3,92 miliardi di euro sale del +1,6%, mentre il vino con 5,57 miliardi di euro, flette del -1,3%.
Ma molto è in movimento. Mauro Rosati, direttore generale di Qualivita, che attraverso i Consorzi di tutela, segnala infatti che “è in atto un cambio di passo di questo sistema, e non avrebbe potuto fare diversamente. Al suo interno infatti è iniziata la riflessione sui temi legati alla strategia europea Farm to Fork, tanto che il 54% dei Consorzi ha avviato progetti legati alla sostenibilità in generale.
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